La Cremona perduta (una guida eterodossa ai perplessi dei nostri tempi)

Per molti giorni ho pensato a come recensire questa guida che sa “condurre altrui avanti a cammino e gli mostra la via da fare”. Alla fine ho deciso di non farlo perché non ne sono capace.  Tanta, troppa roba! Oltre ad arte, storia, letteratura, religione… contiene anche una lettera che accompagna un manoscritto, un misterioso autore con uno pseudonimo curioso, una leggenda antica e tramandata di generazione in generazione… Insomma, una vertigine! La mia, di vertigine, può essere ben descritta dalle parole di  Giovanni Pozzi: “ Del silenzio, il libro, deposito della memoria, antidoto al caos dell’oblio, dove la parola giace, ma insonne, pronta a farsi incontro con passo silenzioso a chi la sollecita. Amico discretissimo, il libro non è petulante, risponde solo se richiesto, non urge oltre quando gli si chiede una sosta. Colmo di parole, tace” (G. Pozzi Tacet – Adelphi 2013). Per incuriosirvi, ulteriormente , riporto il link del video youtube della presentazione del libro e le interviste a Raffaella Barbierato (prefazione) e a Davide Astori (destinatario del manoscritto e autore della postfazione) che, sono certa,  sapranno sfidare audaci lettori ad iniziare il cammino!  

A Raffaella e a Davide il mio grazie! “Ringraziare è una di quelle forme che rischiano continuamente di essere divorate dalla abitudine, dalla routine. Ma in questo caso vorrei collegarlo a parole tedesche che hanno profonde radici comuni: Danke (grazie), Denken (pensare) e Eghedenche (pensieri)”.

Dott.ssa Raffaella Barbierato Direttore Biblioteca Statale di Cremona

– Mi hanno molto colpita le sue parole in una recente intervista: “ io sono una tecnica dei libri e dopo aver letto queste pagine, mi sono emozionata”. Che cosa significa essere una “tecnica dei libri” e che lettore diventa una persona che ha questa formazione e professione? Credo che dalla risposta ognuno potrà, poi, intuire il perché di quel “emozionata”.

Essere un tecnico dei libri significa – almeno per come lo intendo e lo vivo io – approcciarsi al libro nella sua interezza, anche fisica, con un adeguato distacco: quando si prende in esame un libro per, ad esempio, acquisirlo in una biblioteca (o viene considerato per un parere, come nel caso specifico) si tengono in conto tanti fattori (l’originalità e l’utilità del contenuto, la serietà della proposta editoriale, il background dell’autore, la coerenza con le raccolte già presenti, la scientificità della trattazione e potrei continuare per molto), l’ultimo dei quali – che la maggior parte delle volte resta inascoltato, perché così deve essere – è l’interesse soggettivo (nello specifico, il mio) e, tanto più un eventuale coinvolgimento emotivo: ci si avvicina al libro con la responsabilità di proporre ad altri – che non si conoscono – il miglior ‘prodotto’ possibile su un determinato argomento a prescindere dai propri interessi, ma per colmare lacune o proporre novità. Inoltre, il fatto di frequentare migliaia di libri, di tutti i generi, epoche, forme porta ad assumere un giusto distacco professionale, non assuefazione ma un’impressione di ‘già visto’ che pochissimi testi riescono a spiazzare: è il caso della Cremona perduta.

– Confesso che la sua prefazione mi ha inizialmente spiazzata, ridimensionando le mie aspettative e, in seguito, adeguatamente equipaggiata per affrontare una lettura molto complessa per ricchezza nozionistica. Mi sono anche sentita sfidata nel trovare una risposta al suo sibillino dubbio: “… che si tratti di un ludus letterario è un’ipotesi che l’Autore non ha mai voluto confermare” . Tuttavia non rischia questo “libretto” di essere apprezzato solo da una ristretta, forse elitaria, tipologia di lettori?

Manzoni aveva ipotizzato venticinque lettori per i suoi Promessi sposi… Sinceramente, non credo nella ‘lettura di massa’ come misura del valore di un libro. Ci sono ben altri fattori: l’onestà della proposta intellettuale, la serietà scientifica, lo stile, anche – e qui mi sbilancio – le emozioni che suscita e, perché no, lo scambio di idee che provoca. Che poi tutto ciò riguardi milioni di lettori o i venticinque di cui sopra, ha davvero importanza?  Sì, certo, se vediamo il libro come prodotto editoriale (ed è anche questo) i numeri sono importanti, ma che nella fattispecie questo ‘libretto’ possa considerarsi elitario o di nicchia… non credo, anzi, lo trovo un riuscito esperimento di equilibrio tra divulgazione e rigore scientifico. (detto sommessamente, ritengo comunque che anche le nicchie abbiano i loro diritti)

– Lei è di Novara, ma da anni vive e lavora a Cremona, e proprio per la sua professione deve avere una attenzione particolare per la conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale della città e provincia. Che idea si è fatta di Cremona? E la lettura di queste pagine hanno arricchito e suscitato nuove curiosità?

Ormai il tempo passato a Cremona è esattamente il doppio di quello trascorso a Novara, dove sono nata e che ricordo con affetto, ma a cui non appartengo per storia famigliare e origini (veneziane e venete – la distinzione è d’obbligo- con propaggini nel Monferrato profondo): Cremona  ha la particolarità di essere amata e studiata anche (a volte soprattutto, mi verrebbe da dire) da chi non le appartiene territorialmente. Nelle scorribande che mi è capitato di compiere nella storia della città, ho ritrovato spesso i temi proposti dalle pagine della Cremona perduta, che rappresenta davvero un ampio testo della storia (metastoria?) cremonese.

– Perché un libro su una città perduta?  Le città italiane hanno ancora bisogno di libri che le raccontino?

Perduta, più che la città, rischia di esserne la memoria: questo è un libro sulla memoria, ed è l’obbligo (scientifico ed etico) di non perdere la memoria che impone la necessità di raccontare. Non solo le città, ma soprattutto gli uomini, perché sono le storie degli uomini che fanno le storie delle città. Per questo ci sarà sempre bisogno di non dimenticare, quanto meno per non perdersi: non è un caso che in questo libro si voglia vedere una guida.

Prof. Davide Astori Docente di linguistica generale presso l’Ateneo di Parma

– Chi sono i “perplessi dei nostri tempi”, indicati come privilegiati destinatari di questa guida eterodossa della Cremona perduta?

Gentile Paola, credo che l’autore, che mi ha imbeccato il titolo, pensasse alla “Guida ai perplessi” di Maimonide, testo filosofico di uno dei più significativi filosofi ebrei (fra l’altro originariamente scritto in arabo). In quel caso, i “perplessi” erano tali di fronte all’imbarazzo che vivevano derivato dalle contraddizioni tra gli insegnamenti della filosofia e il senso letterale del Testo sacro, fra profano e sacro. Difficile però dire quale fosse il rimando più specifico. Certo viviamo in un mondo intricato e confuso (questo è il significato primario di ‘perplexus’), dove è sempre più difficile distinguere fra reale, ammesso che esista, e narrato.

– Maior o Meior (dettaglio che solo il lettore più attento potrà cogliere) le affida il suo scritto accompagnandolo con queste parole: “… ho temuto di lasciarti un testamento tanto pesante. Ma resti … – umanamente e per la tua formazione culturale – la persona più adatta per ricevere questa sorta di “iniziazione”. E lei conclude la sua postfazione con:   “… liberandomi da questa strana storia, dandola in pasto ai possibili lettori, la brucio in una catarsi che, confesso, meditavo comunque da tempo … una parte di me continua a provare un fastidioso disagio, difficile da mettere a fuoco”. L’uso del termine Catarsi è inteso come una purificazione (fedele all’ etimo e al rimando aristotelico) o come rielaborazione di situazioni conflittuali (scomodando la psicoanalisi)?

Non vorrei deluderLa risultando eccessivamente banale, ma la scelta di pubblicare fu forse d’acchito l’occasione di togliermi da un profondo imbarazzo. La storia raccontata è strana, troppo strana. Immagini di ricevere Lei un documento di quel tipo: non La sfiorerebbe l’idea che qualcuno, più o meno volontariamente, possa impaniarla in qualcosa di eccessivamente intricato, per tornare al ‘perplexus’ di poco sopra? L’unico modo in certi frangenti è pubblicizzare: una volta che tutti sanno, non è più un problema del singolo che sa. Complimenti, poi, per l’acume con cui ha notato la variante del nome. Confidavo che la maggior parte dei lettori non la cogliesse. La soluzione più facile è che sia un refuso. Un editore, però, prima di confessare una superficialità addirittura nel titolo, lascerebbe certo intendere altro…

– Dopo il tempo che avrà dedicato a questo manoscritto, immagino riletto più e più volte, e che le avrà necessariamente imposto anche delle specifiche ricerche per l’obbligo di svelare il vero dal verosimile  dei tanti (a volte davvero troppi) rimandi storici, artistici, letterali …  è cambiata la sua affezione per la sua città, Cremona? 

Amo da sempre la mia città, è il luogo che mi ha dato i natali. Che io viva e paghi le tasse a Parma non fa alcuna differenza: è un puro accidente, aristotelicamente parlando. Cremona è una città meravigliosa, anche nelle pieghe della sua Storia.

– Ha mai pensato di utilizzare questo corposo materiale per la stesura di un romanzo dedicato ad una città “ fuori dai grandi giri, dai grandi interessi”? 

Non ne sarei in grado, Paola. Tra l’altro, nello specifico avrei tradito la fiducia e l’affetto di chi mi ha consegnato il manoscritto. Non avrei mai potuto appropriarmene: eticamente, in primis, e poi perché non sarei successivamente stato in grado di sostenere la parte. Ci sono contenuti, in quelle pagine, che le mie competenze non mi permettono di fingere di poter fare miei. E poi, non ci si improvvisa scrittori di romanzi (o di altro), a meno di rischiare di finire soffocati nelle proprie velleità…

– Riprendo ancora un passaggio della sua postfazione: “Ho pensato più volte di pubblicarle anonimamente, perché convinto che fossero abbastanza basse di livello da potersi conquistare una piccola fetta del triste mercato editoriale contemporaneo…” Qual è o quali sono i criteri che le fanno definire queste pagine, di basso livello?  E’ proprio tanto “triste” il mercato editoriale contemporaneo? Nulla si salva? 

È difficile, in questo periodo di New Age che declina verso una Next Age, capire, a volte, cosa sia cultura e cosa cialtronaggine, soprattutto in alcuni àmbiti. Lette superficialmente, quelle pagine sembrano la peggior feccia di nulla, il tentativo di qualcuno di vendersi come un Dan Brown della bassa. Io per lavoro sono abituato a un approccio più scientifico, di dati e riscontri. Qui si deve scavare sotto il velame della narrazione, dove è difficile separare il grano dal loglio. Non è il mio ambiente, non mi ci trovo pienamente a mio agio. Quanto al mercato editoriale contemporaneo non Le so dire: mi sembra, a ogni modo, che si adatti allo stile più generale della vita sociale e culturale del Paese, se non del mondo. Nella contemporanea democrazia 2.0 si vende, e dunque a monte si produce, il prodotto – perdoni il gioco di parole – che il pubblico chiede e paga, con tutte le conseguenze socio-politiche, prima ancora che culturali, del caso.

– Oltre ad essere letta questa sua pubblicazione, come immagina possa essere sfruttata? 

L’editore (e qualche amico) mi ha(nno) chiesto la disponibilità a guidare qualche passeggiata fra la città o qualche gira fuoriporta per la provincia, e lo farò senz’altro, e con grande piacere: è certo un modo per valorizzare Cremona e il suo territorio. Per il resto, una volta partoriti, i libri vivono di vita propria. Vedremo cosa andrà muovendo questo.

A cura di Paola Tesorieri
https://www.facebook.com/paola.etta.1
https://www.facebook.com/illibrodelmartedi/
infolibrodelmartedi@gmail.com

Informazioni su Il libro del martedì

Il blog della pagina FB "Il libro del martedì"
Questa voce è stata pubblicata in Recensioni. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento